Pianeti Ipotetici
di Paul Schlyter
Aggiornato, condensato ed edito in tre parti da:
Galeazzo Arcibalbo di Romagna
Prima parte :
C'è stato un gran numero di oggetti che gli astronomi pensavano esistessero, 
ma che poi sono 'spariti'. Qui ci sono le loro storie. 
  
  1°) Vulcano, il pianeta prima di Mercurio
  2°) La Luna di Mercurio 
  3°) Neith, la Luna di Venere 
  4°) La Seconda Luna della Terra 

Seconda parte : click per leggerla
  5°) Le Lune di Marte 
  6°) Il 9° e il 10° Satellite di Saturno
  7°) le sei lune di Urano

     Terza parte : click per leggerla
  8°) Il Pianeta X 
  9°) Nemesis, la stella compagna del Sole 
  -  Riferimenti

Vulcano, il pianeta prima di Mercurio, 1860-1916, 1971
Il matematico francese Urbain Le Verrier, che predisse assieme a J.C. Adams 
la posizione di Nettuno prima che fosse osservato, in una conferenza tenuta il 2 
gennaio 1860 annunciò che il problema delle deviazioni nel moto di Mercurio 
poteva essere risolto ipotizzando un altro pianeta interno oppure anche una 
seconda cintura di asteroidi interna all'orbita di Mercurio. La sola maniera 
possibile di osservare questo pianeta o questi asteroidi era durante il transito 
sul Sole o durante le eclissi totali di Sole. Il professor Wolf, del centro di 
studio delle macchie solari di Zurigo, trovò un certo numero di "macchioline" 
sospette sul Sole, e un altro astronomo ne trovò alcune in più. Un totale di due 
dozzine di macchie sembrava coincidere con il tracciato di due orbite interne a 
Mercurio, una con un periodo di 26 giorni, l'altra di 38. 
Nel 1859, Le Verrier aveva ricevuto una lettera dall'astrofilo Lescarbault, 
il quale riferiva di aver visto una macchia scura sul Sole il 26 marzo 1859, che 
assomigliava ad un pianeta in transito. Egli aveva osservato la macchia per 
un'ora e un quarto, quando essa attraversò un quarto del diametro solare. 
Lescarbault valutò l'inclinazione orbitale tra 5,3 e 7,3 gradi, la longitudine 
del nodo a circa 183 gradi, la sua eccentricità "enorme" e il suo periodo di 
transito sul Sole pari a 4 ore e 30 minuti. Le Verrier fece delle indagini su 
questa osservazione e calcolò un'orbita in base ad essa: periodo 19 giorni e 7 
ore, distanza media dal Sole 0,1427 UA, inclinazione 12°10', nodo ascendnete a 
12°59'. Il diametro del corpo era considerevolemente più piccolo di quello di 
Mercurio e la sua massa fu stimata pari a 1/17 di quella di Mercurio. Esso era 
troppo piccolo per spiegare le deviazioni di Mercurio, ma forse si trattava del 
membro più grande di una cintura di asteroidi intra-mercuriale. 
Le Verrier si innamorò del pianeta e lo chiamò Vulcano. 
Nel 1860 ci fu un'eclisse totale di Sole. Le Verrier mobilitò tutti gli 
astronomi francesi e qualcun altro al fine di trovare Vulcano: nessuno ci 
riuscì. Le 'macchie' sospette di Wolf risvegliarono l'interesse di Le Verrier e 
appena prima della sua morte, avvenuta nel 1877, furono pubblicate nuove 
'prove'. Il 4 aprile 1875 un astronomo tedesco, H. Weber, vide una macchia 
circolare sul Sole. L'orbita di Le Verrier indicava un possibile transito per il 
3 aprile di quell'anno, e Wolf notò che anche il periodo orbitale di 38 giorni 
avrebbe potuto spiegare un transito in quel periodo. 
Quella 'macchia circolare' venne anche fotografata a Greenwich e a Madrid. 
Ci fu un bel po' di agitazione dopo l'eclisse totale di Sole del 29 luglio 
1878, quando due osservatori affermarono di aver visto nelle vicinanze del Sole 
dei piccoli dischi illuminati, che avrebbero potuto essere soltanto dei piccoli 
pianeti interni all'orbita di Mercurio: J.C Watson (professore di astronomia 
all'University of Michigan) ritenne di aver trovato DUE pianeti 
intra-mercuriali! Anche Lewis Swift (co-scopritore della Cometa Swift-Tuttle, 
che è ritornata nel 1992) vide una 'stella' che pensò essere Vulcano, ma in una 
posizione diversa da entrambi i due 'pianeti' di Watson. 
Inoltre, né il Vulcano di Watson né quello di Swift poteva conciliarsi con 
il Vulcano di Le Verriero di Lescarbault. 
Dopo di ciò, nessuno ha mai più visto Vulcano, malgrado le varie ricerche in 
occasione di diverse eclissi solari. E nel 1916 Albert Einstein pubblicò la sua 
Teoria della Relatività Generale, che spiegava le deviazioni del moto di 
Mercurio senza ricorrere ad uno sconosciuto pianeta interno. Nel maggio 1929 
Erwin Freundlich, di Potsdam, fotografò un'eclisse totale di Sole a Sumatra, e 
più tardi esaminò attentamente le lastre che mostravano una grande quantità di 
stelle. Sei mesi dopo vennero relizzate lastre di confronto: vicino al Sole non 
venne trovato nessun oggetto sconosciuto più luminoso della nona magnitudine. 
Ma che cosa hanno visto in realtà queste persone? Lescarbault non aveva 
alcuna ragione di raccontare una frottola, e anche Le Verrier gli prestò fede. È 
possibile che Lescarbault abbia visto un piccolo asteroide che passava molto 
vicino alla Terra, appena all'interno dell'orbita terrestre. All'epoca tali 
asteroidi erano sconosciuti, e quindi l'unica idea di Lescarbault fu quella di 
aver visto un pianeta intra-mercuriale. Swift e Watson hanno potuto, per la 
fretta di fare osservazioni durante la totalità, travisare alcune stelle, 
credendo di aver visto Vulcano. 
Vulcano venne rispolverato brevemente nel 1970-1971, quando alcuni 
ricercatori pensarono di aver rilevato molti piccoli oggetti vicino al Sole 
durante un'eclisse totale. Questi oggetti potevano essere piccole comete: in 
seguito, infatti, si sono osservate delle comete che passano tanto vicino 
al Sole da cadervi dentro. 
La Luna di Mercurio, 1974
Due giorni prima del volo radente del Mariner 10 su Mercurio, avvenuto il 29 
marzo 1974, uno strumento cominciò a registrare forti emissioni 
nell'ultravioletto estremo che "non aveva alcuna ragione d'esserci". Il giorno 
dopo erano sparite. Tre giorni più tardi riapparvero: sembrava che ci fosse un 
"oggetto" che si staccava da Mercurio. In principio gli astromomi pensarono di 
aver visto una stella. Ma essi l'avevano vista in due direzioni abbastanza 
differenti; inoltre ogni astronomo sa che tali lunghezze d'onda 
dell'ultravioletto estremo non sono in grado di penetrare molto nella materia 
interstellare: ciò suggeriva che l'oggetto doveva essere vicino. 
Mercurio aveva una luna? 
Dopo un frenetico venerdì, quando si era registrato che l'"oggetto" si 
muoveva a 4 km/s (una velocità compatibile con quella di una luna), vennero 
chiamati in aiuto i direttori del JPL. Essi fecero lavorare la sonda (ormai al 
termine della sua missione) solo per il gruppo di studio dell'ultravioletto: 
tutti cominciarono a preoccuparsi per la conferenza stampa programmata per 
quella domenica. Sarebbe stato annunciato l'ipotizzato satellite? Ma la stampa 
già sapeva. Alcuni giornali, i più rispettabili, pubblicarono la notizia 
correttamente; molti altri scrissero storie eccitate sulla nuova luna di Mercurio. 
E la "luna"? Non fu più ritenuta un satellite di Mercurio, ma venne infine 
identificata con una stella molto calda, 31 Crateris. Da dove venissero le prime 
emissioni, quelle che furono registrate durante l'avvicinamento al pianeta, 
rimane un mistero. Così termina la storia della luna di Mercurio, ma al tempo 
stesso si apre un nuovo capitolo dell'astronomia: si scoprì che l'ultravioletto 
estremo non viene completamente assorbito dalla materia interstellare, come 
prima si credeva. La Gum Nebula si è rivelata essere una sorgente alquanto forte 
di ultravioletto estremo, diffondendone per 140 gradi del cielo a 540 angstroms. 
Gli astronomi hanno scoperto una nuova finestra attraverso la quale osservare i cieli. 
Neith, la Luna di Venere, 1672-1892
Nel 1672, Giovanni Domenico Cassini, uno dei maggiori astronomi del tempo, 
notò un piccolo compagno vicino a Venere. Forse Venere aveva un satellite? 
Cassini decise di non divulgare la sua osservazione, ma 14 anni dopo, nel 1686, 
vide ancora il medesimo oggetto: quindi pubblicò la notizia. L'oggetto era 
stimato avere all'incirca 1/4 del diametro di Venere e mostrava le stesse fasi. 
In seguito l'oggetto venne visto anche da altri astronomi: da James Short nel 
1740, Andreas Mayer nel 1759, J. L. Lagrange nel 1761 (Lagrange annunciò che il 
piano orbitale del satellite era perpendicolare all'eclittica). Durante il 1761 
l'oggetto fu visto per ben 18 volte da cinque osservatori. In particolare le 
osservazioni di Scheuten del 6 giugno 1761 erano interessanti: egli vide Venere 
in transito sul disco solare, accompagnato a lato da una macchia scura più 
piccola, che lo seguiva nel transito. Tuttavia, Samuel Dunn di Chelsea, 
Inghilterra, che pure guardò quel transito, non vide la macchia supplementare. 
Nel 1764 ci furono 8 rilevazioni di due osservatori. Altri tentarono di vedere 
il satellite, ma non riuscirono a trovarlo. 
Il mondo astronomico era di fronte ad una controversia: molti osservatori 
avevano riferito di aver visto il satellite, mentre molti altri non erano 
riusciti a trovarlo malgrado tutti i loro sforzi. Nel 1766 il direttore 
dell'osservatorio di Vienna, padre Hell, pubblicò un trattato nel quale 
dichiarava che tutte le osservazioni del satellite erano illusioni ottiche -- 
l'immagine di Venere è così luminosa che viene riflessa nell'occhio, poi rientra 
nel telescopio e crea una immagine secondaria di scala più piccola. Altri, 
invece, pubblicarono trattati nei quali sostenevano che le osservazioni erano 
reali. Il tedesco J. H. Lambert pubblicò gli elementi orbitali del satellite nel 
Berliner Astronomischer Jahrbuch del 1777: distanza media 66,5 raggi di Venere, 
periodo orbitale 11 giorni e 3 ore, inclinazione sull'eclittica 64 gradi. Si 
sperava che il satellite si sarebbe potuto vedere durante il transito di Venere 
sul Sole del 1° giugno 1777 (è evidente che Lambert fece un errore nel calcolo 
degli elementi orbitali: a 66,5 raggi venusiani, la distanza da Venere è circa 
la stessa della Luna dalla Terra. Ma questo non va molto d'accordo con il 
periodo orbitale di 11 giorni, ovvero solo poco più di 1/3 del periodo orbitale 
della nostra Luna. La massa di Venere è un po' più piccola di quella della Terra). 
Nel 1768 ci fu un'ulteriore osservazione del satellite, ad opera di Christian 
Horrebow di Copenhagen. Ci furono anche tre ricerche, una fatta da uno dei 
maggiori astronomi del tempo, William Herschel, ma tutte e tre non riuscirono a 
trovare alcun satellite. Poco dopo, il tedesco F. Schorr tentò di formulare una 
tesi a sostegno del satellite in un libro pubblicato nel 1875. 
Nel 1884, M. Hozeau, ex direttore dell'Osservatorio Reale di Bruxelles, 
suggerì una differente ipotesi. Analizzando le osservazioni disponibili,, Hozeau 
concluse che la luna di Venere appariva vicino al pianeta all'incirca ogni 2,96 
anni ovvero 1080 giorni. Hozeau suggerì che non si trattasse di una luna di 
Venere, ma di un pianeta a se stante, in orbita intorno al Sole con un periodo 
di 283 giorni e perciò in congiunzione con Venere ogni 1080 giorni. Hozeau lo 
chiamò Neith, dalla misteriosa dea di Sais, il cui velo non veniva sollevato da 
nessun mortale. 
Nel 1887, tre anni dopo che la "luna di Venere" era stata riportata in auge 
da Hozeau, l'Accademia belga delle Scienze pubblicò una lunga ricerca nella 
quale si indagava in dettaglio su ciascuna osservazione riportata. Molte 
osservazioni del satellite si rivelarono essere delle stelle viste in prossimità 
di Venere. Specialmente le osservazioni di Roedkier furono "escluse" per bene: 
era stato ingannato, in successione, da Chi Orionis, M Tauri, 71 Orionis e Nu 
Geminorum! James Short aveva visto una stella un po' più debole dell'ottava 
magnitudine. Tutte le osservazioni effettuate da Le Verrier e Montaigne potevano 
essere spiegate in maniera analoga. I calcoli orbitali di Lambert vennero 
demoliti. L'ultimissima osservazione, quella di Horrebow nel 1768, 
poté essere attribuita a Theta Librae. 
Dopo la pubblicazione di questa ricerca, venne riferita una sola altra 
osservazione, da parte di un uomo che in precedenza aveva cercato il satellite 
di Venere ma non l'aveva trovato: il 13 agosto 1892, E. E. Barnard registrò un 
oggetto di settima magnitudine vicino a Venere. Non c'è alcuna stella nella 
posizione indicata, e la vista di Barnard è notoriamente eccellente. Ancor oggi 
non sappiamo che cosa egli abbia visto. Era un asteroide non classificato? O era 
una piccola nova che nessun'altro ha visto? 

La Seconda Luna della Terra, 1846-oggi
Nel 1846, Frederic Petit, direttore dell'osservatorio di Tolosa, affermò che 
era stata scoperta una seconda luna della Terra. Era stata vista da due 
osservatori, Lebon e Dassier, a Tolosa, e da un terzo, Lariviere, ad Artenac, 
durante la serata del 21 marzo 1846. Petit trovò che l'orbita era ellittica, con 
un periodo di 2 ore 44 minuti e 59 secondi, un apogeo a 3570 km dalla superficie 
terrestre e un perigeo a soli 11,4 km (!). Le Verrier, che era tra il pubblico, 
brontolò che bisognava tenere in considerazione la resistenza dell'aria, cosa 
che nessuno era in grado di fare all'epoca. Petit fu ossessionato dall'idea di 
una seconda luna, e 15 anni dopo annunciò di aver fatto dei calcoli a proposito 
di una piccola luna della Terra, capace di causare alcune particolarità, allora 
inspiegabili, nel moto della Luna principale. In generale, gli astronomi 
ignorarono questa affermazione, e l'idea sarebbe stata dimenticata se un giovane 
scrittore francese, Jules Verne, non ne avesse letto un riassunto. Nel romanzo 
"Dalla Terra alla Luna", Verne fa sì che un piccolo oggetto passi vicino alla 
capsula spaziale, costringendola a ruotare intorno alla Luna 
invece che cadere su di essa: 
"Si tratta", disse Barbicane, "di un semplice meteorite anche se enorme, 
trattenuto come un satellite dall'attrazione della Terra." 
"È mai possibile?", esclamò Michel Ardan, "la Terra ha due lune?" 
"Sì, amico mio, ha due lune, sebbene sia comunemente ritenuto che ne abbia una 
sola. Ma questa seconda luna è così piccola e la sua velocità è così elevata, 
che gli abitanti della Terra non possono vederla. È stato notando alcune 
perturbazioni che un astronomo francese, Monsieur Petit, ha potuto determinare 
l'esistenza di questa seconda luna e calcolarne l'orbita. Secondo lui, per 
compiere una rivoluzione completa intorno alla Terra essa impiega 
tre ore e venti minuti. . ." 
"Tutti gli astronomi ammettono l'esistenza di questo satellite?", chiese 
Nicholl. 
"No", rispose Barbicane, "ma se essi, come noi, lo avessero incontrato, non 
potrebbero più dubitarne. . . Ma ciò ci dà un modo per determinare la nostra 
posizione nello spazio . . . la sua distanza è nota e perciò, quando lo 
abbiamo incontrato, eravamo a 7480 km dalla superficie del globo." 
Jules Verne venne letto da milioni di persone, ma fino al 1942 nessuno notò 
le discrepanze nel testo di Verne: 
Un satellite a 7480 km dalla superficie terrestre avrebbe un periodo di 4 ore 
e 48 minuti, non di 3 ore e 20 minuti. 
Poiché esso venne visto dal finestrino dal quale la Luna era invisibile, ma 
entrambi erano in avvicinamento, doveva avere moto retrogrado, cosa che certo 
sarebbe stata degna di nota. Ma Verne non menziona quest'aspetto. 
In ogni caso il satellite sarebbe stato in eclisse e perciò invisibile. Il 
proiettile non lascia l'ombra della Terta se non molto più tardi. 
Nel il dottor. R.S. Richardson, del Mount Wilson Observatory, tentò far 
quadrare tutto ipotizzando un'orbita eccentrica: perigeo a 5010 km e apogeo a 
7480 km dalla superficie della Terra, eccentricità 0,1784. 
Comunque, Jules Verne fece conoscere la seconda luna di Petit a tutto il 
mondo. Gli astrofili giunsero alla conclusione che c'era l'opportunità di 
diventare famosi -- chiunque avesse scoperto questa seconda luna avrebbe avuto 
il proprio nome scritto negli annali della scienza. Al contrario, nessun grande 
osservatorio prese in esame il problema della seconda luna, o se lo fece 
mantenne il silenzio. Gli astrofili tedeschi si misero a dare la caccia 
a ciò che essi chiamavano Kleinchen ("piccolino") 
-- naturalmente Kleinchen non fu mai trovato. 
W. H. Pickering rivolse la sua attenzione ai problemi teorici: se il 
satellite orbitasse a 320 km dalla superficie e se il suo diametro fosse di 0,3 
metri, con la stessa capacità di riflessione della Luna, esso dovrebbe essere 
visibile con un telescopio da 3 pollici. Un satellite di 3 metri sarebbe un 
oggetto di quinta magnitudine, visibile ad occhio nudo. Sebbene Pickering non si 
sia messo a cercare l'oggetto di Petit, tuttavia portò avanti una ricerca su un 
satellite secondario -- un satellite della nostra Luna ("On a photographic 
search for a satellite of the Moon", Popular Astronomy, 1903). Il risultato fu 
negativo e Pickering concluse che ogni eventuale satellite della Luna doveva 
essere più piccolo di 3 metri. 
L'articolo di Pickering sulla possibile esistenza di una piccola seconda luna 
della Terra, "A Meteoritic Satellite", apparve su Popular Astronomy nel 1922 e 
provocò un'altro breve momento di agitazione fra gli astrofili, giacché 
conteneva questa richiesta: "Un telescopio da 3-5 pollici, con un oculare a 
bassa focale dovrebbe essere il miglior strumento per trovarla. È un'opportunità 
per l'astrofilo." Ma di nuovo, le ricerche rimasero infruttuose. 
L'idea originaria era che il campo gravitazionale della seconda luna avrebbe 
dovuto dare conto delle piccole deviazioni, allora inspiegabili, del moto della 
Luna maggiore. Ciò significava un oggetto grande almeno parecchi chilometri -- 
ma se questa grande seconda luna esistesse davvero, allora avrebbero dovuto 
vederla anche i Babilonesi. Anche se fosse troppo piccola per mostrare un disco, 
la sua relativa vicinanza dovrebbe farla muovere velocemente e perciò renderla 
visibile, come ben sanno gli attuali osservatori di satelliti artificiali o 
perfino di aeroplani. D'altra parte, nessuno si è mai interessato molto a lune 
troppo piccole per essere viste. 
Ci sono state altre ipotesi di ulteriori satelliti naturali della Terra. Nel 
1898 il dottor Georg Waltemath di Amburgo affermò di aver scoperto non solo una 
seconda luna, bensì un intero sistema di minuscole lune. Waltemath fornì gli 
elementi orbitali di uno di questi satelliti: distanza dalla Terra 1,03 milioni 
di km, diametro 700 km, periodo orbitale 119 giorni, periodo sinodico 177 
giorni. "Talvolta", disse Waltemath, "brilla nella notte come il Sole": egli 
riteneva che questa luna fosse stata vista in Groenlandia il 24 ottobre 1881 da 
Lieut Greely, dieci giorni dopo che il Sole era tramontato per l'inverno. 
L'interesse pubblico aumentò quando Waltemath predisse che la seconda luna 
sarebbe passata di fronte al Sole il 2, il 3 o il 4 febbraio 1898. Il 4 
febbraio, dodici persone dell'ufficio postale di Greifswald (l'Herr Postdirektor 
Ziegel, alcuni membri della sua famiglia e alcuni impiegati postali) osservarono 
il Sole ad occhio nudo, senza proteggersi dalla luce abbagliante. È facile 
immaginare una scena quasi ridicola: un solenne impiegato civile prussiano, che 
indica il cielo attraverso la finestra del suo ufficio, leggendo con voce 
stentorea ai suoi rispettosi subordinati la previsione di Waltemath. Durante una 
successiva intervista, questi testimoni parlarono di un oggetto scuro con un 
diametro pari ad un quinto di quello solare, il quale impiegò dalle ore 1:10 
alle ore 2:10 (tempo di Berlino) per attraversare il disco solare. Si provò ben 
presto che si trattava di un errore, giacché durante quelle ore il Sole era 
osservato attentamente da due esperti astronomi, W. Winkler a Jena e il barone 
Ivo von Benko a Pola, Austria: entrambi riferirono che sul disco c'erano solo 
alcune normalissime macchie solari. Il fallimento di questa e di altre 
successive previsioni non scoraggiò Waltemath, che continuò a pubblicare 
previsioni e chiedere che fossero verificate. Gli astronomi contemporanei erano 
abbastanza irritati, dovendo continuamente rispondere a domande del pubblico 
come "Oh, a proposito, che ci dice di tutte queste nuove lune?". Al contrario 
gli astrologi colsero l'occasione al volo -- nel 1918 l'astrologo Sepharial 
chiamò questa luna Lilith. Egli considerava che fosse nera abbastanza per essere 
invisibile per la maggior parte del tempo, diventando visibile solo quando era 
nei pressi dell'opposizione o quando transitava attraverso il disco solare. 
Sepharial calcolò le effemeridi di Lilith, sulla base di varie osservazioni 
asserite da Waltemath. Riteneva inoltre che Lilith avesse all'incirca la stessa 
massa della Luna, ignorando allegramente che se un tale satellite esistesse 
davvero, anche se invisibile, dimostrerebbe la sua esistenza perturbando il moto 
della Terra. E ancora oggi alcuni astrologi usano "la luna nera" Lilith nei loro oroscopi. 
Di tanto in tanto altre "lune addizionali" sono state riferite dagli 
osservatori. La rivista astronomica tedesca "Die Sterne" riportò che un 
astrofilo tedesco di nome W. Spill aveva osservato una seconda luna attraversare 
il disco della prima Luna il 24 maggio 1926. 
Intorno al 1950, quando si cominciò a discutere sul serio di satelliti 
artificiali, ognuno si aspettava che essi sarebbero stati soltanto gli stadi 
superiori fuori uso di razzi a più stadi, incapaci di portare radiotrasmittenti 
ma seguiti con il radar da Terra. In questo caso, un gruppo di piccoli satelliti 
naturali sarebbe stato di disturbo, poiché avrebbe riflesso i raggi dei radar al 
posto dei satelliti artificiali. Il metodo per cercare questi satelliti naturali 
fu sviluppato da Clyde Tombaugh: si calcola il moto del satellite, ad esempio, a 
5000 km di altezza. Poi si appronta una fotocamera che riprenda il cielo 
esattamente a quella data altezza: le stelle, i pianeti, etc., appariranno come 
linee sulle fotografie prese dalla fotocamera, mentre qualsiasi satelliti alla 
giusta altezza apparirà come un punto. Se il satellite fosse ad una altezza 
lievemente diversa, produrrebbe una breve linea. 
Le osservazioni al Lowell Observatory cominciarono nel 1953, invadendo un 
territorio ancora sconosciuto: ad eccezione dei tedeschi in cerca di 
"Kleinchen", nessuno aveva mai fatto attenzione allo spazio tra la Luna e la 
Terra! Nell'autunno del 1954, settimanali e quotidiani di buona reputazione 
affermarono che la ricerca aveva dato i suoi primi risultati: un piccolo 
satellite a 700 km di altezza e un altro a 1000 km. Si dice che un generale 
abbia chiesto: "È sicuro che sono naturali?". Nessuno sembra sapere come tali 
notizie si siano originate, giacché le ricerche furono completamente negative. 
Invece, quando i primi satellti artificiali furono lanciati nel 1957 e nel 1958, 
vennero ripresi dalle fotocamere. 
Ma, cosa strana, tutto ciò non significa che la Terra abbia un solo satellite 
naturale. Per breve tempo la Terra può avere un satellite molto vicino. I 
meteoroidi che passano nei pressi della Terra e scivolano attraverso gli strati 
superiori dell'atmosfera possono perdere abbastanza velocità per trasformarsi in 
satelliti orbitanti intorno alla Terra. Ma poiché ad ogni perigeo passano 
nell'atmosfera, sono destinati a non durare a lungo, forse solo una o due 
rivoluzioni, tutt'al più un centinaio (circa 150 ore). Ci sono alcune 
indicazioni che tali "satelliti passeggeri" sono stati osservati; è anche 
possibile che gli osservatori di Petit ne abbiano visto uno. 
Oltre ai satelliti passeggeri ci sono altre due possibilità. Una è che la 
Luna abbia un proprio satellite, ma malgrado svariate ricerche non ne è stato 
trovato nessuno (inoltre oggi si sa che il campo gravitazionale della Luna è 
irregolare ovvero "bitorzoluto" abbastanza perché qualsiasi orbita lunare sia 
instabile: ogni satellite lunare quindi è destinato a schiantarsi sulla Luna 
dopo breve tempo, pochi anni o forse un decennio). L'altra possibilità è che ci 
potrebbero essere dei satelliti Troiani, cioè satelliti secondari sull'orbita 
della Luna, che viaggiano 60 gradi davanti o dietro alla Luna. 
Questi "satelliti Troiani" furono riportati per la prima volta dall'astronomo 
polacco Kordylewski dell'osservatorio di Cracovia. Egli cominciò la sua ricerca 
visuale nel 1951, armato di un buon telescopio. Sperava che ci fossero degli 
oggetti ragionevolmente grandi sull'orbita della Luna, a 60 gradi di distanza 
dalla Luna. La ricerca diede esito negativo, ma nel 1956 un suo compatriota e 
collega, Wilkowski, suggerì che potrebbero esserci molti corpi minuscoli, troppo 
piccoli per essere visti individualmente ma in numero sufficiente per apparire 
come una nube di particelle di polvere. In questo caso sarebbero visibili meglio 
senza telescopio, cioè ad occhio nudo! L'utilizzo di un telescopio "li 
ingrandirebbe fino a farli sparire". Il dottor Kordylewski volle provare: c'era 
bisogno di una notte oscura con un cielo pulito e la Luna sotto l'orizzonte. 
Nell'ottobre 1956, Kordylewski vide, per la prima volta, una chiazza 
debolmente luminosa in una delle due posizioni. Non era molto piccola, 
sottendendo un angolo di 2 gradi (cioè circa 4 volte più grande della stessa 
Luna), ed era molto fioca, soltanto metà della luminosità del gegenschein (una 
chiazza luminosa nella luce zodiacale, direttamente opposta al Sole), 
notoriamente difficile a vedersi. Nel marzo e nell'aprile 1961, Kordylewski 
riuscì a fotografare due nubi nelle posizioni previste. Esse sembrano essere di 
estensione variabile, ma ciò potrebbe essere dovuto ai mutamenti di 
illuminazione. J. Roach rilevò queste nubi satelliti nel 1975 con le sei sonde 
dell'OSO (Orbiting Solar Observatory). Nel 1990 furono fotografate di nuovo, 
questa volta dall'astronomo polacco Winiarski, il quale scoprì che esse avevano 
un diametro apparente di alcuni gradi, che "vagavano" fino a dieci gradi dal 
punto "troiano" e che erano un po' più rossastre delle luce zodiacale. 
Così la secolare ricerca di una seconda luna della Terra sembra aver avuto 
successo, dopo tutto, anche se questa 'seconda luna' si è rivelata essere 
completamente differente da qualsiasi attesa. Questi piccoli satelliti sono 
molto difficili da scorgere e da distinguere dalla luce zodiacale e in 
particolare dal gegenschein. 
Ma ci sono persone che continuano ancora a proporre nuovi satelliti naturali 
della Terra. Fra il 1966 e il 1969 John Bargby, uno scienziato americano, 
sostenne di aver osservato almeno dieci piccoli satelliti naturali della Terra, 
visibili solo al telescopio. Bargby trovò le orbite ellittiche per tutti questi 
oggetti:: eccentricità 0,498, semiasse maggiore 14065 km, altezza del perigeo 
680 km e altezza dell'apogeo 14700 km. Bargby li riteneva essere frammenti di un 
corpo più grande, frantumatosi nel dicembre 1955. Egli basò la maggior parte dei 
suoi asseriti satelliti sulle supposte perturbazioni dei satelliti artificiali. 
Bargby utilizzò i dati dei satelliti artificiali pubblicati nel Goddard 
Satellite Situation Report, ignorando che i valori di questa pubblicazione sono 
solo approssimati, talvolta anche notevolmente errati, e che perciò non possono 
essere usati per una precisa analisi scientifica. Inoltre, se ci si basa sulle 
orbite calcolate da Bargby, si può dedurre che al perigeo tali satelliti 
dovrebbero raggiungere la prima magnitudine e quindi essere agevolmente visibili 
ad occhio nudo: ma nessuno li ha ancora visti. 
Nel 1997, Paul Wiegert e altri scoprirono che l'asteroide 3753 ha un'orbita 
davvero strana e può essere considerato un compagno della Terra, sebbene di 
certo non giri direttamente intorno alla Terra. 

 

Fine della prima parte



G. Arcibalbo al ventotto novembre duemilauno