Pianeti Ipotetici di Paul Schlyter Aggiornato, condensato ed edito in tre parti da: Galeazzo Arcibalbo di Romagna Prima parte : C'è stato un gran numero di oggetti che gli astronomi pensavano esistessero, ma che poi sono 'spariti'. Qui ci sono le loro storie. 1°) Vulcano, il pianeta prima di Mercurio 2°) La Luna di Mercurio 3°) Neith, la Luna di Venere 4°) La Seconda Luna della Terra
Seconda parte : click per leggerla 5°) Le Lune di Marte 6°) Il 9° e il 10° Satellite di Saturno 7°) le sei lune di Urano
Terza parte : click per leggerla 8°) Il Pianeta X 9°) Nemesis, la stella compagna del Sole - Riferimenti
Vulcano, il pianeta prima di Mercurio, 1860-1916, 1971 Il matematico francese Urbain Le Verrier, che predisse assieme a J.C. Adams la posizione di Nettuno prima che fosse osservato, in una conferenza tenuta il 2 gennaio 1860 annunciò che il problema delle deviazioni nel moto di Mercurio poteva essere risolto ipotizzando un altro pianeta interno oppure anche una seconda cintura di asteroidi interna all'orbita di Mercurio. La sola maniera possibile di osservare questo pianeta o questi asteroidi era durante il transito sul Sole o durante le eclissi totali di Sole. Il professor Wolf, del centro di studio delle macchie solari di Zurigo, trovò un certo numero di "macchioline" sospette sul Sole, e un altro astronomo ne trovò alcune in più. Un totale di due dozzine di macchie sembrava coincidere con il tracciato di due orbite interne a Mercurio, una con un periodo di 26 giorni, l'altra di 38. Nel 1859, Le Verrier aveva ricevuto una lettera dall'astrofilo Lescarbault, il quale riferiva di aver visto una macchia scura sul Sole il 26 marzo 1859, che assomigliava ad un pianeta in transito. Egli aveva osservato la macchia per un'ora e un quarto, quando essa attraversò un quarto del diametro solare. Lescarbault valutò l'inclinazione orbitale tra 5,3 e 7,3 gradi, la longitudine del nodo a circa 183 gradi, la sua eccentricità "enorme" e il suo periodo di transito sul Sole pari a 4 ore e 30 minuti. Le Verrier fece delle indagini su questa osservazione e calcolò un'orbita in base ad essa: periodo 19 giorni e 7 ore, distanza media dal Sole 0,1427 UA, inclinazione 12°10', nodo ascendnete a 12°59'. Il diametro del corpo era considerevolemente più piccolo di quello di Mercurio e la sua massa fu stimata pari a 1/17 di quella di Mercurio. Esso era troppo piccolo per spiegare le deviazioni di Mercurio, ma forse si trattava del membro più grande di una cintura di asteroidi intra-mercuriale. Le Verrier si innamorò del pianeta e lo chiamò Vulcano. Nel 1860 ci fu un'eclisse totale di Sole. Le Verrier mobilitò tutti gli astronomi francesi e qualcun altro al fine di trovare Vulcano: nessuno ci riuscì. Le 'macchie' sospette di Wolf risvegliarono l'interesse di Le Verrier e appena prima della sua morte, avvenuta nel 1877, furono pubblicate nuove 'prove'. Il 4 aprile 1875 un astronomo tedesco, H. Weber, vide una macchia circolare sul Sole. L'orbita di Le Verrier indicava un possibile transito per il 3 aprile di quell'anno, e Wolf notò che anche il periodo orbitale di 38 giorni avrebbe potuto spiegare un transito in quel periodo. Quella 'macchia circolare' venne anche fotografata a Greenwich e a Madrid. Ci fu un bel po' di agitazione dopo l'eclisse totale di Sole del 29 luglio 1878, quando due osservatori affermarono di aver visto nelle vicinanze del Sole dei piccoli dischi illuminati, che avrebbero potuto essere soltanto dei piccoli pianeti interni all'orbita di Mercurio: J.C Watson (professore di astronomia all'University of Michigan) ritenne di aver trovato DUE pianeti intra-mercuriali! Anche Lewis Swift (co-scopritore della Cometa Swift-Tuttle, che è ritornata nel 1992) vide una 'stella' che pensò essere Vulcano, ma in una posizione diversa da entrambi i due 'pianeti' di Watson. Inoltre, né il Vulcano di Watson né quello di Swift poteva conciliarsi con il Vulcano di Le Verriero di Lescarbault. Dopo di ciò, nessuno ha mai più visto Vulcano, malgrado le varie ricerche in occasione di diverse eclissi solari. E nel 1916 Albert Einstein pubblicò la sua Teoria della Relatività Generale, che spiegava le deviazioni del moto di Mercurio senza ricorrere ad uno sconosciuto pianeta interno. Nel maggio 1929 Erwin Freundlich, di Potsdam, fotografò un'eclisse totale di Sole a Sumatra, e più tardi esaminò attentamente le lastre che mostravano una grande quantità di stelle. Sei mesi dopo vennero relizzate lastre di confronto: vicino al Sole non venne trovato nessun oggetto sconosciuto più luminoso della nona magnitudine. Ma che cosa hanno visto in realtà queste persone? Lescarbault non aveva alcuna ragione di raccontare una frottola, e anche Le Verrier gli prestò fede. È possibile che Lescarbault abbia visto un piccolo asteroide che passava molto vicino alla Terra, appena all'interno dell'orbita terrestre. All'epoca tali asteroidi erano sconosciuti, e quindi l'unica idea di Lescarbault fu quella di aver visto un pianeta intra-mercuriale. Swift e Watson hanno potuto, per la fretta di fare osservazioni durante la totalità, travisare alcune stelle, credendo di aver visto Vulcano. Vulcano venne rispolverato brevemente nel 1970-1971, quando alcuni ricercatori pensarono di aver rilevato molti piccoli oggetti vicino al Sole durante un'eclisse totale. Questi oggetti potevano essere piccole comete: in seguito, infatti, si sono osservate delle comete che passano tanto vicino al Sole da cadervi dentro. La Luna di Mercurio, 1974 Due giorni prima del volo radente del Mariner 10 su Mercurio, avvenuto il 29 marzo 1974, uno strumento cominciò a registrare forti emissioni nell'ultravioletto estremo che "non aveva alcuna ragione d'esserci". Il giorno dopo erano sparite. Tre giorni più tardi riapparvero: sembrava che ci fosse un "oggetto" che si staccava da Mercurio. In principio gli astromomi pensarono di aver visto una stella. Ma essi l'avevano vista in due direzioni abbastanza differenti; inoltre ogni astronomo sa che tali lunghezze d'onda dell'ultravioletto estremo non sono in grado di penetrare molto nella materia interstellare: ciò suggeriva che l'oggetto doveva essere vicino. Mercurio aveva una luna? Dopo un frenetico venerdì, quando si era registrato che l'"oggetto" si muoveva a 4 km/s (una velocità compatibile con quella di una luna), vennero chiamati in aiuto i direttori del JPL. Essi fecero lavorare la sonda (ormai al termine della sua missione) solo per il gruppo di studio dell'ultravioletto: tutti cominciarono a preoccuparsi per la conferenza stampa programmata per quella domenica. Sarebbe stato annunciato l'ipotizzato satellite? Ma la stampa già sapeva. Alcuni giornali, i più rispettabili, pubblicarono la notizia correttamente; molti altri scrissero storie eccitate sulla nuova luna di Mercurio. E la "luna"? Non fu più ritenuta un satellite di Mercurio, ma venne infine identificata con una stella molto calda, 31 Crateris. Da dove venissero le prime emissioni, quelle che furono registrate durante l'avvicinamento al pianeta, rimane un mistero. Così termina la storia della luna di Mercurio, ma al tempo stesso si apre un nuovo capitolo dell'astronomia: si scoprì che l'ultravioletto estremo non viene completamente assorbito dalla materia interstellare, come prima si credeva. La Gum Nebula si è rivelata essere una sorgente alquanto forte di ultravioletto estremo, diffondendone per 140 gradi del cielo a 540 angstroms. Gli astronomi hanno scoperto una nuova finestra attraverso la quale osservare i cieli. Neith, la Luna di Venere, 1672-1892 Nel 1672, Giovanni Domenico Cassini, uno dei maggiori astronomi del tempo, notò un piccolo compagno vicino a Venere. Forse Venere aveva un satellite? Cassini decise di non divulgare la sua osservazione, ma 14 anni dopo, nel 1686, vide ancora il medesimo oggetto: quindi pubblicò la notizia. L'oggetto era stimato avere all'incirca 1/4 del diametro di Venere e mostrava le stesse fasi. In seguito l'oggetto venne visto anche da altri astronomi: da James Short nel 1740, Andreas Mayer nel 1759, J. L. Lagrange nel 1761 (Lagrange annunciò che il piano orbitale del satellite era perpendicolare all'eclittica). Durante il 1761 l'oggetto fu visto per ben 18 volte da cinque osservatori. In particolare le osservazioni di Scheuten del 6 giugno 1761 erano interessanti: egli vide Venere in transito sul disco solare, accompagnato a lato da una macchia scura più piccola, che lo seguiva nel transito. Tuttavia, Samuel Dunn di Chelsea, Inghilterra, che pure guardò quel transito, non vide la macchia supplementare. Nel 1764 ci furono 8 rilevazioni di due osservatori. Altri tentarono di vedere il satellite, ma non riuscirono a trovarlo. Il mondo astronomico era di fronte ad una controversia: molti osservatori avevano riferito di aver visto il satellite, mentre molti altri non erano riusciti a trovarlo malgrado tutti i loro sforzi. Nel 1766 il direttore dell'osservatorio di Vienna, padre Hell, pubblicò un trattato nel quale dichiarava che tutte le osservazioni del satellite erano illusioni ottiche -- l'immagine di Venere è così luminosa che viene riflessa nell'occhio, poi rientra nel telescopio e crea una immagine secondaria di scala più piccola. Altri, invece, pubblicarono trattati nei quali sostenevano che le osservazioni erano reali. Il tedesco J. H. Lambert pubblicò gli elementi orbitali del satellite nel Berliner Astronomischer Jahrbuch del 1777: distanza media 66,5 raggi di Venere, periodo orbitale 11 giorni e 3 ore, inclinazione sull'eclittica 64 gradi. Si sperava che il satellite si sarebbe potuto vedere durante il transito di Venere sul Sole del 1° giugno 1777 (è evidente che Lambert fece un errore nel calcolo degli elementi orbitali: a 66,5 raggi venusiani, la distanza da Venere è circa la stessa della Luna dalla Terra. Ma questo non va molto d'accordo con il periodo orbitale di 11 giorni, ovvero solo poco più di 1/3 del periodo orbitale della nostra Luna. La massa di Venere è un po' più piccola di quella della Terra). Nel 1768 ci fu un'ulteriore osservazione del satellite, ad opera di Christian Horrebow di Copenhagen. Ci furono anche tre ricerche, una fatta da uno dei maggiori astronomi del tempo, William Herschel, ma tutte e tre non riuscirono a trovare alcun satellite. Poco dopo, il tedesco F. Schorr tentò di formulare una tesi a sostegno del satellite in un libro pubblicato nel 1875. Nel 1884, M. Hozeau, ex direttore dell'Osservatorio Reale di Bruxelles, suggerì una differente ipotesi. Analizzando le osservazioni disponibili,, Hozeau concluse che la luna di Venere appariva vicino al pianeta all'incirca ogni 2,96 anni ovvero 1080 giorni. Hozeau suggerì che non si trattasse di una luna di Venere, ma di un pianeta a se stante, in orbita intorno al Sole con un periodo di 283 giorni e perciò in congiunzione con Venere ogni 1080 giorni. Hozeau lo chiamò Neith, dalla misteriosa dea di Sais, il cui velo non veniva sollevato da nessun mortale. Nel 1887, tre anni dopo che la "luna di Venere" era stata riportata in auge da Hozeau, l'Accademia belga delle Scienze pubblicò una lunga ricerca nella quale si indagava in dettaglio su ciascuna osservazione riportata. Molte osservazioni del satellite si rivelarono essere delle stelle viste in prossimità di Venere. Specialmente le osservazioni di Roedkier furono "escluse" per bene: era stato ingannato, in successione, da Chi Orionis, M Tauri, 71 Orionis e Nu Geminorum! James Short aveva visto una stella un po' più debole dell'ottava magnitudine. Tutte le osservazioni effettuate da Le Verrier e Montaigne potevano essere spiegate in maniera analoga. I calcoli orbitali di Lambert vennero demoliti. L'ultimissima osservazione, quella di Horrebow nel 1768, poté essere attribuita a Theta Librae. Dopo la pubblicazione di questa ricerca, venne riferita una sola altra osservazione, da parte di un uomo che in precedenza aveva cercato il satellite di Venere ma non l'aveva trovato: il 13 agosto 1892, E. E. Barnard registrò un oggetto di settima magnitudine vicino a Venere. Non c'è alcuna stella nella posizione indicata, e la vista di Barnard è notoriamente eccellente. Ancor oggi non sappiamo che cosa egli abbia visto. Era un asteroide non classificato? O era una piccola nova che nessun'altro ha visto? La Seconda Luna della Terra, 1846-oggi Nel 1846, Frederic Petit, direttore dell'osservatorio di Tolosa, affermò che era stata scoperta una seconda luna della Terra. Era stata vista da due osservatori, Lebon e Dassier, a Tolosa, e da un terzo, Lariviere, ad Artenac, durante la serata del 21 marzo 1846. Petit trovò che l'orbita era ellittica, con un periodo di 2 ore 44 minuti e 59 secondi, un apogeo a 3570 km dalla superficie terrestre e un perigeo a soli 11,4 km (!). Le Verrier, che era tra il pubblico, brontolò che bisognava tenere in considerazione la resistenza dell'aria, cosa che nessuno era in grado di fare all'epoca. Petit fu ossessionato dall'idea di una seconda luna, e 15 anni dopo annunciò di aver fatto dei calcoli a proposito di una piccola luna della Terra, capace di causare alcune particolarità, allora inspiegabili, nel moto della Luna principale. In generale, gli astronomi ignorarono questa affermazione, e l'idea sarebbe stata dimenticata se un giovane scrittore francese, Jules Verne, non ne avesse letto un riassunto. Nel romanzo "Dalla Terra alla Luna", Verne fa sì che un piccolo oggetto passi vicino alla capsula spaziale, costringendola a ruotare intorno alla Luna invece che cadere su di essa: "Si tratta", disse Barbicane, "di un semplice meteorite anche se enorme, trattenuto come un satellite dall'attrazione della Terra." "È mai possibile?", esclamò Michel Ardan, "la Terra ha due lune?" "Sì, amico mio, ha due lune, sebbene sia comunemente ritenuto che ne abbia una sola. Ma questa seconda luna è così piccola e la sua velocità è così elevata, che gli abitanti della Terra non possono vederla. È stato notando alcune perturbazioni che un astronomo francese, Monsieur Petit, ha potuto determinare l'esistenza di questa seconda luna e calcolarne l'orbita. Secondo lui, per compiere una rivoluzione completa intorno alla Terra essa impiega tre ore e venti minuti. . ." "Tutti gli astronomi ammettono l'esistenza di questo satellite?", chiese Nicholl. "No", rispose Barbicane, "ma se essi, come noi, lo avessero incontrato, non potrebbero più dubitarne. . . Ma ciò ci dà un modo per determinare la nostra posizione nello spazio . . . la sua distanza è nota e perciò, quando lo abbiamo incontrato, eravamo a 7480 km dalla superficie del globo." Jules Verne venne letto da milioni di persone, ma fino al 1942 nessuno notò le discrepanze nel testo di Verne: Un satellite a 7480 km dalla superficie terrestre avrebbe un periodo di 4 ore e 48 minuti, non di 3 ore e 20 minuti. Poiché esso venne visto dal finestrino dal quale la Luna era invisibile, ma entrambi erano in avvicinamento, doveva avere moto retrogrado, cosa che certo sarebbe stata degna di nota. Ma Verne non menziona quest'aspetto. In ogni caso il satellite sarebbe stato in eclisse e perciò invisibile. Il proiettile non lascia l'ombra della Terta se non molto più tardi. Nel il dottor. R.S. Richardson, del Mount Wilson Observatory, tentò far quadrare tutto ipotizzando un'orbita eccentrica: perigeo a 5010 km e apogeo a 7480 km dalla superficie della Terra, eccentricità 0,1784. Comunque, Jules Verne fece conoscere la seconda luna di Petit a tutto il mondo. Gli astrofili giunsero alla conclusione che c'era l'opportunità di diventare famosi -- chiunque avesse scoperto questa seconda luna avrebbe avuto il proprio nome scritto negli annali della scienza. Al contrario, nessun grande osservatorio prese in esame il problema della seconda luna, o se lo fece mantenne il silenzio. Gli astrofili tedeschi si misero a dare la caccia a ciò che essi chiamavano Kleinchen ("piccolino") -- naturalmente Kleinchen non fu mai trovato. W. H. Pickering rivolse la sua attenzione ai problemi teorici: se il satellite orbitasse a 320 km dalla superficie e se il suo diametro fosse di 0,3 metri, con la stessa capacità di riflessione della Luna, esso dovrebbe essere visibile con un telescopio da 3 pollici. Un satellite di 3 metri sarebbe un oggetto di quinta magnitudine, visibile ad occhio nudo. Sebbene Pickering non si sia messo a cercare l'oggetto di Petit, tuttavia portò avanti una ricerca su un satellite secondario -- un satellite della nostra Luna ("On a photographic search for a satellite of the Moon", Popular Astronomy, 1903). Il risultato fu negativo e Pickering concluse che ogni eventuale satellite della Luna doveva essere più piccolo di 3 metri. L'articolo di Pickering sulla possibile esistenza di una piccola seconda luna della Terra, "A Meteoritic Satellite", apparve su Popular Astronomy nel 1922 e provocò un'altro breve momento di agitazione fra gli astrofili, giacché conteneva questa richiesta: "Un telescopio da 3-5 pollici, con un oculare a bassa focale dovrebbe essere il miglior strumento per trovarla. È un'opportunità per l'astrofilo." Ma di nuovo, le ricerche rimasero infruttuose. L'idea originaria era che il campo gravitazionale della seconda luna avrebbe dovuto dare conto delle piccole deviazioni, allora inspiegabili, del moto della Luna maggiore. Ciò significava un oggetto grande almeno parecchi chilometri -- ma se questa grande seconda luna esistesse davvero, allora avrebbero dovuto vederla anche i Babilonesi. Anche se fosse troppo piccola per mostrare un disco, la sua relativa vicinanza dovrebbe farla muovere velocemente e perciò renderla visibile, come ben sanno gli attuali osservatori di satelliti artificiali o perfino di aeroplani. D'altra parte, nessuno si è mai interessato molto a lune troppo piccole per essere viste. Ci sono state altre ipotesi di ulteriori satelliti naturali della Terra. Nel 1898 il dottor Georg Waltemath di Amburgo affermò di aver scoperto non solo una seconda luna, bensì un intero sistema di minuscole lune. Waltemath fornì gli elementi orbitali di uno di questi satelliti: distanza dalla Terra 1,03 milioni di km, diametro 700 km, periodo orbitale 119 giorni, periodo sinodico 177 giorni. "Talvolta", disse Waltemath, "brilla nella notte come il Sole": egli riteneva che questa luna fosse stata vista in Groenlandia il 24 ottobre 1881 da Lieut Greely, dieci giorni dopo che il Sole era tramontato per l'inverno. L'interesse pubblico aumentò quando Waltemath predisse che la seconda luna sarebbe passata di fronte al Sole il 2, il 3 o il 4 febbraio 1898. Il 4 febbraio, dodici persone dell'ufficio postale di Greifswald (l'Herr Postdirektor Ziegel, alcuni membri della sua famiglia e alcuni impiegati postali) osservarono il Sole ad occhio nudo, senza proteggersi dalla luce abbagliante. È facile immaginare una scena quasi ridicola: un solenne impiegato civile prussiano, che indica il cielo attraverso la finestra del suo ufficio, leggendo con voce stentorea ai suoi rispettosi subordinati la previsione di Waltemath. Durante una successiva intervista, questi testimoni parlarono di un oggetto scuro con un diametro pari ad un quinto di quello solare, il quale impiegò dalle ore 1:10 alle ore 2:10 (tempo di Berlino) per attraversare il disco solare. Si provò ben presto che si trattava di un errore, giacché durante quelle ore il Sole era osservato attentamente da due esperti astronomi, W. Winkler a Jena e il barone Ivo von Benko a Pola, Austria: entrambi riferirono che sul disco c'erano solo alcune normalissime macchie solari. Il fallimento di questa e di altre successive previsioni non scoraggiò Waltemath, che continuò a pubblicare previsioni e chiedere che fossero verificate. Gli astronomi contemporanei erano abbastanza irritati, dovendo continuamente rispondere a domande del pubblico come "Oh, a proposito, che ci dice di tutte queste nuove lune?". Al contrario gli astrologi colsero l'occasione al volo -- nel 1918 l'astrologo Sepharial chiamò questa luna Lilith. Egli considerava che fosse nera abbastanza per essere invisibile per la maggior parte del tempo, diventando visibile solo quando era nei pressi dell'opposizione o quando transitava attraverso il disco solare. Sepharial calcolò le effemeridi di Lilith, sulla base di varie osservazioni asserite da Waltemath. Riteneva inoltre che Lilith avesse all'incirca la stessa massa della Luna, ignorando allegramente che se un tale satellite esistesse davvero, anche se invisibile, dimostrerebbe la sua esistenza perturbando il moto della Terra. E ancora oggi alcuni astrologi usano "la luna nera" Lilith nei loro oroscopi. Di tanto in tanto altre "lune addizionali" sono state riferite dagli osservatori. La rivista astronomica tedesca "Die Sterne" riportò che un astrofilo tedesco di nome W. Spill aveva osservato una seconda luna attraversare il disco della prima Luna il 24 maggio 1926. Intorno al 1950, quando si cominciò a discutere sul serio di satelliti artificiali, ognuno si aspettava che essi sarebbero stati soltanto gli stadi superiori fuori uso di razzi a più stadi, incapaci di portare radiotrasmittenti ma seguiti con il radar da Terra. In questo caso, un gruppo di piccoli satelliti naturali sarebbe stato di disturbo, poiché avrebbe riflesso i raggi dei radar al posto dei satelliti artificiali. Il metodo per cercare questi satelliti naturali fu sviluppato da Clyde Tombaugh: si calcola il moto del satellite, ad esempio, a 5000 km di altezza. Poi si appronta una fotocamera che riprenda il cielo esattamente a quella data altezza: le stelle, i pianeti, etc., appariranno come linee sulle fotografie prese dalla fotocamera, mentre qualsiasi satelliti alla giusta altezza apparirà come un punto. Se il satellite fosse ad una altezza lievemente diversa, produrrebbe una breve linea. Le osservazioni al Lowell Observatory cominciarono nel 1953, invadendo un territorio ancora sconosciuto: ad eccezione dei tedeschi in cerca di "Kleinchen", nessuno aveva mai fatto attenzione allo spazio tra la Luna e la Terra! Nell'autunno del 1954, settimanali e quotidiani di buona reputazione affermarono che la ricerca aveva dato i suoi primi risultati: un piccolo satellite a 700 km di altezza e un altro a 1000 km. Si dice che un generale abbia chiesto: "È sicuro che sono naturali?". Nessuno sembra sapere come tali notizie si siano originate, giacché le ricerche furono completamente negative. Invece, quando i primi satellti artificiali furono lanciati nel 1957 e nel 1958, vennero ripresi dalle fotocamere. Ma, cosa strana, tutto ciò non significa che la Terra abbia un solo satellite naturale. Per breve tempo la Terra può avere un satellite molto vicino. I meteoroidi che passano nei pressi della Terra e scivolano attraverso gli strati superiori dell'atmosfera possono perdere abbastanza velocità per trasformarsi in satelliti orbitanti intorno alla Terra. Ma poiché ad ogni perigeo passano nell'atmosfera, sono destinati a non durare a lungo, forse solo una o due rivoluzioni, tutt'al più un centinaio (circa 150 ore). Ci sono alcune indicazioni che tali "satelliti passeggeri" sono stati osservati; è anche possibile che gli osservatori di Petit ne abbiano visto uno. Oltre ai satelliti passeggeri ci sono altre due possibilità. Una è che la Luna abbia un proprio satellite, ma malgrado svariate ricerche non ne è stato trovato nessuno (inoltre oggi si sa che il campo gravitazionale della Luna è irregolare ovvero "bitorzoluto" abbastanza perché qualsiasi orbita lunare sia instabile: ogni satellite lunare quindi è destinato a schiantarsi sulla Luna dopo breve tempo, pochi anni o forse un decennio). L'altra possibilità è che ci potrebbero essere dei satelliti Troiani, cioè satelliti secondari sull'orbita della Luna, che viaggiano 60 gradi davanti o dietro alla Luna. Questi "satelliti Troiani" furono riportati per la prima volta dall'astronomo polacco Kordylewski dell'osservatorio di Cracovia. Egli cominciò la sua ricerca visuale nel 1951, armato di un buon telescopio. Sperava che ci fossero degli oggetti ragionevolmente grandi sull'orbita della Luna, a 60 gradi di distanza dalla Luna. La ricerca diede esito negativo, ma nel 1956 un suo compatriota e collega, Wilkowski, suggerì che potrebbero esserci molti corpi minuscoli, troppo piccoli per essere visti individualmente ma in numero sufficiente per apparire come una nube di particelle di polvere. In questo caso sarebbero visibili meglio senza telescopio, cioè ad occhio nudo! L'utilizzo di un telescopio "li ingrandirebbe fino a farli sparire". Il dottor Kordylewski volle provare: c'era bisogno di una notte oscura con un cielo pulito e la Luna sotto l'orizzonte. Nell'ottobre 1956, Kordylewski vide, per la prima volta, una chiazza debolmente luminosa in una delle due posizioni. Non era molto piccola, sottendendo un angolo di 2 gradi (cioè circa 4 volte più grande della stessa Luna), ed era molto fioca, soltanto metà della luminosità del gegenschein (una chiazza luminosa nella luce zodiacale, direttamente opposta al Sole), notoriamente difficile a vedersi. Nel marzo e nell'aprile 1961, Kordylewski riuscì a fotografare due nubi nelle posizioni previste. Esse sembrano essere di estensione variabile, ma ciò potrebbe essere dovuto ai mutamenti di illuminazione. J. Roach rilevò queste nubi satelliti nel 1975 con le sei sonde dell'OSO (Orbiting Solar Observatory). Nel 1990 furono fotografate di nuovo, questa volta dall'astronomo polacco Winiarski, il quale scoprì che esse avevano un diametro apparente di alcuni gradi, che "vagavano" fino a dieci gradi dal punto "troiano" e che erano un po' più rossastre delle luce zodiacale. Così la secolare ricerca di una seconda luna della Terra sembra aver avuto successo, dopo tutto, anche se questa 'seconda luna' si è rivelata essere completamente differente da qualsiasi attesa. Questi piccoli satelliti sono molto difficili da scorgere e da distinguere dalla luce zodiacale e in particolare dal gegenschein. Ma ci sono persone che continuano ancora a proporre nuovi satelliti naturali della Terra. Fra il 1966 e il 1969 John Bargby, uno scienziato americano, sostenne di aver osservato almeno dieci piccoli satelliti naturali della Terra, visibili solo al telescopio. Bargby trovò le orbite ellittiche per tutti questi oggetti:: eccentricità 0,498, semiasse maggiore 14065 km, altezza del perigeo 680 km e altezza dell'apogeo 14700 km. Bargby li riteneva essere frammenti di un corpo più grande, frantumatosi nel dicembre 1955. Egli basò la maggior parte dei suoi asseriti satelliti sulle supposte perturbazioni dei satelliti artificiali. Bargby utilizzò i dati dei satelliti artificiali pubblicati nel Goddard Satellite Situation Report, ignorando che i valori di questa pubblicazione sono solo approssimati, talvolta anche notevolmente errati, e che perciò non possono essere usati per una precisa analisi scientifica. Inoltre, se ci si basa sulle orbite calcolate da Bargby, si può dedurre che al perigeo tali satelliti dovrebbero raggiungere la prima magnitudine e quindi essere agevolmente visibili ad occhio nudo: ma nessuno li ha ancora visti. Nel 1997, Paul Wiegert e altri scoprirono che l'asteroide 3753 ha un'orbita davvero strana e può essere considerato un compagno della Terra, sebbene di certo non giri direttamente intorno alla Terra.
Fine della prima parte